«I giovani 'ndranghetisti, anche quelli che arrivano in Germania, subiscono una sorta di indottrinamento paragonabile ai lavaggi del cervello terroristici» – dice la criminologa Anna Sergi, che spiega come i futuri boss si sentano investiti della responsabilità di portare un certo cognome, legato alle storiche famiglie di 'ndrangheta.
Questi giovani vengono attratti dall'idea di fare soldi facili all'estero, spiega ancora Anna Sergi: «Ti do 5.000-10.000 euro e ti dico 'vai e diventa socio di tuo cugino che ha una pizzeria in Germania'. Tu vai perché in Germania puoi fare qualcosa. È l'idea che puoi fare soldi facili e tu ti meriti di fare una bella vita».
Dalla strage di Duisburg del 2007, la legge tedesca sta considerando sempre più seriamente la presenza della 'ndrangheta sul suo territorio. All'inizio di quest'anno, per la prima volta una sentenza di condanna di un tribunale tedesco ha citato la 'ndrangheta, in relazione ai reati commessi da Salvatore Giorgi. Giorgi è stato condannato per traffico di droga e riciclaggio a tre anni e sei mesi dal tribunale di Costanza (Amtsgericht). Nella puntata raccontiamo la sua storia: cameriere in un ristorante a Überlingen, sul lago di Costanza, e al tempo stesso galoppino per le cosche.
La sentenza di Costanza adesso si sta cercando di replicarla nel maxi-processo attualmente in corso nell'aula bunker di Düsseldorf. Qui sono imputati 14 personaggi, italiani e non, legati a vario titolo alle cosche 'ndranghetiste di San Luca, in Calabria. Un maxi-processo in cui la procura di Duisburg, competente per il caso, ha fatto luce anche sulla struttura stessa dell'organizzazione in Germania, simile a quella di un'azienda e per questo chiamata «Mafia & Co. KG», dove KG sta per Kommanditgesellschaft, società in accomandita semplice.
Il giudice Alessandro Bellardita: «Dal punto di vista della cultura di indagine tedesca si tratta di un processo lungo, pesante da gestire, con oltre 40 avvocati che fanno una difesa conflittuale e dunque il processo si sta allungando tantissimo. Per quel che riguarda le procure che sono coinvolte, sicuramente è un processo storico».
Tra gli esperti che abbiamo sentito, anche il professore Arndt Sinn, giurista e direttore di ZEIS, Centro di studi sulla giustizia penale europea e internazionale: «Questo processo ricorda alla giustizia che in ogni caso vale la pena indagare all'interno di queste organizzazioni criminali e chi ne fa parte, per distruggere la loro struttura. È questa la chiave per combattere la criminalità organizzata: primo, distruggere la struttura e parallelamente portar via il loro denaro».