Chi parte, chi torna, chi resta, e la rete SIGN in Germania COSMO italiano 29.11.2023 23:30 Min. Verfügbar bis 28.11.2024 COSMO Von Luciana Caglioti


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Chi parte, chi torna, chi resta, e la rete SIGN in Germania

Stand: 29.11.2023, 17:20 Uhr

di Luciana Caglioti, Enzo Savignano e Daniela Nosari

Lasciare l'Italia per lavorare, certo, ma anche per farsi una famiglia, insomma per realizzarsi a livello anche personale: è una delle principali motivazioni di chi emigra. Ma ci sono anche i nonni e i pensionati expat. Ce ne parla Delfina Licata. Con il professore Gianaurelio Cuniberti parliamo del mondo della ricerca italiana in Germania e della rete SIGN. Il Parlamento italiano discute intanto di come ridurre le agevolazioni fiscali per chi rientra in Italia. I dettagli da Enzo Savignano.

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Il Rappporto italiani nel mondo 2023

Tantissimi italiani, fra loro molti laureati ma non solo, vanno a vivere all'estero per avere un futuro migliore. Ed è proprio questo il tema del "Rapporto Italiani nel Mondo 2023" della Fondazione Migrantes, da poco pubblicato: la mobilità e il ritorno in Italia.

Ne abbiamo parlato con la sociologa Delfina Licata della Fondazione Migrantes e curatrice del  rapporto: “Gli italiani continuano ad emigrare – sottolinea Licata - e se c’è un’Italia che cresce è proprio quella che risiede all’estero. E all’estero vanno soprattutto giovani. Negli anni precedenti avevamo registrato, a causa dell’emergenza sanitaria per il Covid, un crollo degli espatri dei minori e delle famiglie, ma nell’ultimo anno abbiamo ricominciato a vedere la mobilità previdenziale, ossia dei più anziani e pensionati”. Oltre alla realizzazione lavorativa, aggiunge la sociologa, la realizzazione di sé è ormai un fattore fondamentale per chi decide di lasciare l'Italia.

Resta vivo, oltre al desiderio di trovare condizioni lavorative migliori, anche il sogno di crearsi una famiglia e il bisogno poi di avere nonni babysitter che all'improvviso si trasformano in expat professionisti. Licata ci parla inoltre del fenomeno dei pensionati che si trasferiscono all'estero, con diverse destinazioni in base, ad esempio, alle disponibilità finanziarie.

La rete degli scienziati italiani in Germania

Tra chi lascia l'Italia ci sono anche molti laureati, ricercatori che trovano spesso condizioni lavorative e remunerative migliori al di là dei confini italiani. All’Ambasciata italiana a Berlino si è tenuto il 12 ottobre 2022 il primo incontro di SIGN, Network of Italian Scientists in Germany, un Network nato per connettere tutti gli scienziati italiani che hanno lavorato o lavorano in Germania o anche stranieri che abbiano studiato o lavorato in Italia e ora lavorino in Germania.

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Il logo della rete degli scienziati italiani in Germania

Gianaurelio Cuniberti, professore di Scienze dei materiali e Nanotecnologia all'università di Dresda, è direttore esecutivo di SIGN di cui è stato uno dei fondatori. “In Germania attualmente c’è una dimensione di un’università media fatta di italiani – spiega Cuniberti - quello che noto è che non si viene con una fame puramente accademica. Si vede che la Germania ha una grande capacità di assorbire a livello industriale. Parlo di Dresda, che è la realtà che conosco meglio, ed è il centro della produzione microelettronica in Europa, quindi vedo tantissimi italiani che arrivano con l’idea poi di andare a lavorare nel settore della microelettronica qui in Sassonia”.

Il nuovo decreto rimpatri

Molti italiani nel mondo a un certo punto vogliono fare ritorno in Italia. A che cosa vanno incontro? A metà ottobre il Governo ha approvato un Decreto Legislativo che contiene modifiche delle norme fiscale per incoraggiare chi rientra, i cosiddetti “lavoratori impatriati”. Secondo il nuovo decreto chi trasferisce in Italia la residenza fiscale a partire dal 1 gennaio 2024 godrà di benefici fiscali inferiori rispetto a prima. Per esempio se prima i rimpatriati pagavano le imposte sul 30% del reddito, o addirittura sul 10% del reddito, come previsto per i lavoratori che si trasferivano al centro-sud, ora invece si passerà a tasse sul 50% del reddito per i nuovi lavoratori che rientrano in Italia. Questo sempre per 5 anni.

Gli altri requisiti richiesti

Altra novità consiste nel limite al reddito su cui si potrà usufruire delle agevolazioni fiscali, il tetto massimo è stato fissato a 600.000 euro annui. Si specifica nel decreto che le agevolazioni tuttavia riguardano soprattutto lavoratori con requisiti di elevata qualificazione e specializzazione.

A differenza delle leggi precedenti si allunga il periodo in cui bisogna risultare residenti all’estero, si passa a 3 anni, ma si allunga anche il periodo richiesto di permanenza dopo il rientro in Italia, passando da 2 a 5 anni consecutivi. Senza questo requisito l’Agenzia delle Entrate provvederà al recupero delle tasse risparmiate, applicando anche delle sanzioni.

La storia dei decreti per rimpatriare cervelli

I primi sgravi fiscali per favorire il rimpatrio di italiani dall’estero sono stati introdotti nel 2004, dal secondo governo guidato di Silvio Berlusconi e riguardavano esclusivamente ricercatori o docenti universitari che avessero trascorso almeno due anni all’estero. Nel 2010 sempre un governo Berlusconi ha approvato la cosiddetta “legge Controesodo” che ha introdotto criteri più selettivi e riconosceva esenzioni fino all’80% per le lavoratrici e il 70% dei lavoratori laureati nati dopo il 1969.

Nel 2015 è stata la volta del governo di Matteo Renzi che ha introdotto esenzioni del 50% per cinque anni estendibile fino a dieci. Infine nel 2019 il secondo governo di Giuseppe Conte ha introdotto le agevolazioni più estese con il cosiddetto “decreto crescita” che addirittura introduceva esenzioni anche del 90% per chi decideva di rientrare in Italia e trasferirsi al Sud.

Come ha funzionato l’ultimo decreto?

I detrattori dell’ultima legge per favorire i rimpatri sostengono che ha funzionato solo per le squadre di calcio che hanno potuto ingaggiare calciatori assicurando loro stipendi molto alti e a cui venivano applicate delle agevolazioni fiscali non indifferenti.

Per quanto riguarda altri settori, uno studio dell’Università di Bergamo rivela che la maggior parte dei rimpatriati tra il 2017 e il 2021 si è insediato al nord Italia, in particolare in Lombardia il 41%, un altro 32% in altre quattro Regioni: Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio, il resto nelle altre Regioni, quindi significa che l’operazione rimpatri al sud non è andata a buon fine.