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Svolta nel caso ThyssenKrupp dopo 15 anni COSMO italiano 13.07.2023 18:50 Min. Verfügbar bis 12.07.2024 COSMO Von Cristina Giordano


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In carcere il manager ThyssenKrupp

Stand: 17.08.2023, 12:30 Uhr

a cura di Cristina Giordano, Giulio Galoppo e Daniela Nosari

Dopo anni di ricorsi e ritardi della giustizia anche il secondo manager tedesco condannato per l'incendio di Torino ha iniziato ora a scontare la pena per omicidio e incendio colposo. Sette operai persero la vita per l'incendio nello stabilimento dell'acciaieria ThyssenKrupp nel dicembre 2007. Ma il regime è di semilibertà, come per l'altro manager tedesco condannato.

Harald Espenhahn mit seinen Rechtsanwälten

Harald Espenhahn, uno dei due manager tedeschi della ThyssenKrupp, condannati per omicidio e incendio colposo, in seguito al rogo a Torino che uccise sette operai

*** Aggiornamento ***

Il manager Harald Espenhahn ha cominciato a scontare la pena il 10 agosto 2023, in regime di semilibertà - in tedesco "offener Vollzug". L'ha comunicato la procura di Essen a COSMO italiano.

Alla vicenda, che abbiamo seguito per anni, e alla notizia che l'ultimo ricorso del manager era fallito ma Espenhahn non aveva ancora iniziato a scontare la pena abbiamo dedicato questo approfondimento del 13 luglio.

Perché solo ora Espenhahn sconterà la pena?

La Corte costituzionale tedesca, il Bundesverfassungsgericht, si è finalmente pronunciata sul ricorso presentato già tre anni fa da Harald Espenhahn. Espenhahn, ex-amministratore delegato di ThyssenKrupp, è uno dei due manager tedeschi di ThyssenKrupp condannati in Italia per il rogo nello stabilimento di Torino del 6 dicembre 2007, in cui morirono 7 operai: Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Bruno Santino, Antonio Schiavone e Roberto Scola.

Nel luglio 2020 la Corte Costituzionale tedesca aveva accolto il ricorso di Espenhahn, prendendosi 6 mesi di tempo per decidere. Con una serie di successive proroghe semestrali, i giudici di Karlsruhe sono arrivati solo a maggio 2023 a esprimersi in via definitiva sul "reclamo costituzionale" – in tedesco: Verfasssungsbeschwerde - avanzato da Espenhahn.

La Corte costituzionale federale non ha accettato il ricorso, spiega ai microfoni di COSMO Italiano Mario Bachmann, docente di Diritto Costituzionale all'Università di Colonia, perché secondo la Corte questo reclamo costituzionale di Espenhahn non è giustificato. Non è, cioè, chiaro in che misura i suoi diritti possano essere stati danneggiati. In sostanza il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché mancavano i presupposti necessari.

Il ricorso di Espenhahn verteva sulla violazione del „principio del giusto processo e del diritto al contraddittorio“. Il manager tedesco lamentava in sostanza la mancanza di alcuni documenti e traduzioni. E il fatto che il processo italiano, su cui si basa la condanna, “non avrebbe fornito prove di concreta negligenza individuale“. Ovvero del suo ruolo concreto nel rogo avvenuto nello stabilimento di Torino nel 2007. Motivi per i quali era stato presentato un ricorso anche al tribunale di Hamm. In quel caso, respinto.

Condannato a 5 anni, massimo della pena in Germania per omicidio colposo, il manager (fino al 10 agosto 2023, ndr) non aveva ancora scontato un solo giorno di carcere, nonostante il tribunale di Hamm avesse confermato la sentenza italiana nel febbraio 2020.

Già la conferma della sentenza italiana da parte della giustizia tedesca si era fatta attendere, e aveva poi quasi dimezzato la sentenza italiana perché per la legge tedesca il massimo della pena per omicidio colposo è appunto di 5 anni.

La pena scontata da Priegnitz

Secondo le nostre informazioni, Gerald Priegnitz, il secondo manager della ThyssenKrupp condannato a cinque anni di carcere, sarebbe entrato, invece, in carcere all’inizio di luglio del 2020, per scontare i 5 anni di condanna in „offener Vollzug“, ovvero in semilibertà: di giorno poteva lavorare presso ThyssenKrupp, con cui ha mantenuto un contratto di lavoro, di notte invece rientrava in carcere.

Nonostante le nostre richieste, ThyssenKrupp non ci ha mai fornito ulteriori informazioni sul suo attuale posto di lavoro. Così come il Ministero della giustizia del Nordreno-Vestfalia che si appella alla protezione della privacy per non fornire dettagli sulla modalità della detenzione.

Secondo informazioni della procura di Essen, tuttavia, da novembre 2022 Priegnitz ha potuto lasciare definitivamente il carcere per buona condotta e vive, quindi, di nuovo in piena libertà. La pena di cinque anni risulta essere, quindi, scontata, dopo due anni e quattro mesi.

La Corte europea dei diritti dell’uomo

Nel frattempo prosegue il procedimento alla Corte europea dei diritti dell’uomo per l’eccessivo ritardo nell’esecuzione della pena.

La Corte europea dei diritti dell’uomo aveva accolto a novembre 2019 il ricorso dei famigliari delle vittime, sui ritardi nell’esecuzione nella pena. Germania e Italia si accusano reciprocamente dei ritardi. Ora sarà la corte di Strasburgo a stabilire di chi sia la responsabilità di questi ritardi. Ed eventualmente valutare un risarcimento danni.

Le reazioni di Antonio Boccuzzi e Rosi Platì

Quella tragica notte del 6 dicembre 2007 a Torino c'era anche Antonio Boccuzzi, capomacchina in quello stabilimento di Thyssen. Quella notte lui non sarebbe dovuto nemmeno essere lì, perché non era di turno. Ha allungato il suo turno pomeridiano per aiutare i colleghi anche di notte.

Ma per un caso incredibile è l'unico ad essersi salvato. Ce lo racconta lui stesso. La notizia del prossimo incarceramento di Harald Espenhahn, dice, è una magra consolazione, ma è forse un passo verso la chiusura di questo tragico capitolo.

Rosy Platì, mamma di Giuseppe Demasi, morto quella notte di dicembre, a soli 26 anni, mentre svolgeva il suo lavoro, nel turno di notte, ha vissuto questi anni con molta angoscia. In attesa che la giustizia facesse il suo corso. E che anche Espenhahn entrasse in carcere. Ora finalmente arriva la svolta: Harald Espenhahn dovrà scontare la pena. Cosa significa per lei e per la sua famiglia? Lo racconta a COSMO Italiano.

Ascolta la puntata del podcast del 13 luglio 2023 con la ricostruzione della vicenda e le interviste ad Antonio Boccuzzi e Rosi Platì: clicca sull'audio in alto su questa pagina.