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Fra mito e crisi: il KaDeWe di Berlino COSMO italiano 15.02.2024 24:02 Min. Verfügbar bis 14.02.2025 COSMO Von Francesco Marzano


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Fra mito e crisi: il KaDeWe di Berlino

Stand: 15.02.2024, 17:11 Uhr

di Francesco Marzano, Cristina Giordano e Daniela Nosari

Meta turistica e protagonista dell'immaginario berlinese del Novecento, di libri e serie tv: il KaDeWe, il Kaufhaus des Westens di Berlino, grande magazzino di lusso dalla lunga storia, è insolvente. Cristina Giordano ci spiega perché ha affascinato tante generazioni. Ma la sua crisi, legata all'impero e agli affari di René Benko, è comune ad altri nomi storici della grande distribuzione in Germania: ne parliamo con Sandro Castaldo, docente di marketing alla Bocconi ed esperto del tema, dando uno sguardo anche all'Italia e al futuro.

KaDeWe, Sicht von Oben, Treppen

In crisi il tempio del lusso berlinese KaDeWe

La lunga storia del KaDeWe

L’idea è di Adolf Jandorf, commerciante berlinese nato e cresciuto nel Baden-Württemberg, in una famiglia ebrea modesta. L’ispirazione arriva dopo un viaggio a New York, in visita dal fratello maggiore, emigrato, dai grandi magazzini di Macy’s e Bloomingdale.

Il 27 marzo 1907 apre a Berlino il KaDeWe, abbreviazione di „Kaufhaus des Westens“, il grande magazzino dell’ovest, che fin da subito si vuole distinguere per la qualità e la rarità dei prodotti offerti.

La sede è nella città allora indipendente di Charlottenburg, poi annessa al distretto di Schöneberg a Berlino, perché lì vicino è già entrata in funzione una stazione ferroviaria sopraelevata. L’imprenditore pensa ai potenziali clienti berlinesi che possono raggiungere il KaDeWe anche da zone più lontane. Ma intravede anche un futuro quartiere per famiglie ricche, ipotesi che poi diventa realtà.

L’avvento del nazismo

Jandorf nel frattempo aveva venduto il KaDeWe al gruppo Hermann Tietz, sempre ebreo, il più grande gruppo di grandi magazzini d’Europa. Durante il nazismo il KaDeWe viene „arianizzato“: vengono licenziati tutti i dipendenti ebrei. Ma anche durante il Terzo Reich, nonostante il boicottaggio nazista dei negozi ebrei, resta la meta di una clientela ricca, tra cui numerosi pezzi grossi del partito nazista, riuscendo così a superare anche la grande crisi del 1929.

Durante la guerra, gran parte di Schöneberg viene distrutta dai raid aerei, e così anche il KaDeWe, colpito da un grave incendio causato da un aereo americano caduto sul tetto. Resterà chiuso per oltre un decennio, per tornare alla fine degli anni '50, dopo una lunga ristrutturazione. E se in un primo momento del Dopoguerra viene data la precedenza ai beni primari, torna ben presto anche il lusso - in una vecchia foto, si può ammirare un „Krawatten Bar“, un bar con seggiolini in cui i clienti scelgono con molta eleganza le loro cravatte.

La Guerra Fredda e la caduta dal Muro

Con la costruzione del muro il KaDeWe perde dipendenti e visitatori abituali, pur trovandosi nella parte ovest di Berlino. Tutto sommato sopravvive però alla Guerra Fredda. Con la caduta del Muro nel 1989 arrivano migliaia di consumatori in più, che dalla ex DDR cercano qui tutto quello che avevano sempre sognato.

Il KaDeWe resta il simbolo del lusso berlinese, da qui sono passati Marlene Dietrich, che acquistava i suoi guanti e creme di lusso, e il poeta russo Mayakovsky, che acquistava calze di seta e lingerie da portare alle sue amanti a Mosca. 

Negli anni '70, l’allora Presidente della Repubblica Federale Walter Scheel visita il KaDeWe. Una visita che diventa uno spot pubblicitario così potente, da trasformare il grande magazzino berlinese in una vera e propria attrazione turistica, inserita fino a oggi nelle guide turistiche, alla pari della Porta di Brandeburgo.

La crisi e l'insolvenza

Attualmente il KaDeWe sta attraversando una profonda crisi finanziaria. A fine gennaio il gruppo KaDeWe ha infatti avviato la procedura di insolvenza.

La sede di Berlino, così come i negozi affiliati di Amburgo (Alsterhaus) e Monaco (Oberpollinger) sono ancora aperti e non ci sono attualmente licenziamenti in vista, ma il futuro del gruppo è incerto.

La ragione addotta per l’istanza di fallimento è data dal caro-affitti: i canoni di locazione per il magazzino di lusso sarebbero troppo alti. Ma si tratta di una crisi economica che porta con sé numerosi quesiti ancora aperti, tra questi la restituzione dei 90 milioni di euro di finanziamenti pubblici ricevuti durante la pandemia.

Le stesse considerazioni e le stesse domande aperte sul futuro valgono per la catena di magazzini Galeria Karstadt Kaufhof, che fa riferimento, come KaDeWe, alla casa madre SIGNA Holding, una società immobiliare e commerciale austriaca di proprietà di René Benko. Una figura controversa, un self made man tra gli uomini più ricchi al mondo, coinvolto però in affari poco puliti e con molti legami nel mondo politico. Proprio in questi giorni è possibile vedere un suo interessante ritratto sulla mediateca dell'ARD.

L'Italia e il futuro della grande distribuzione

Di crisi della grande distribuzione parliamo con Sandro Castaldo, docente di marketing alla Bocconi di Milano. Che sottolinea quanto i grandi magazzini debbano puntare sempre di più sull'esperienza offerta ai visitatori, sfruttando al meglio le opportunità offerte dal digitale, che attirano così anche le generazioni più giovani. Un esempio è il camerino digitale per provare vestiti e accessori virtuali, che si possono poi ordinare. Oppure la Rinascente di Milano che offre cibo di qualità con vista sulle guglie del Duomo.

Ascolta il podcast cliccando sull'audio in alto.