Germania: espulsioni più che accoglienza COSMO italiano 31.10.2023 22:39 Min. Verfügbar bis 30.10.2024 COSMO Von Francesco Marzano


Download Podcast

Germania: espulsioni più che accoglienza

Stand: 31.10.2023, 16:51 Uhr

di Francesco Marzano, Enzo Savignano e Daniela Nosari

A trent’anni dal Trattato di Maastricht è la migrazione la principale sfida dell’Ue. Con Enzo Savignano ricordiamo l’importanza di quel trattato che di fatto ha istituito l’Unione europea e gettato le basi per una cooperazione ed integrazione degli Stati. Poi spazio al dibattito politico in Germania sulle politiche migratorie. Infine l’analisi del professor Christopher Hein dell'Università Luiss Guido Carli di Roma, esperto di dinamiche migratorie.

rspingimenti

La polizia accompagna un migrante respinto sull'aereo

Il Trattato di Maastricht

Il trattato prende il nome dalla città dei Paesi Bassi, al confine con Belgio e Germania, dove fu firmato inizialmente da 12 Paesi il 7 febbraio 1992: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna, è entrato in vigore il 1 novembre del 1993. Successivamente altri 16 paesi hanno aderito all’UE adottando le norme stabilite nel Trattato di Maastricht o nei trattati successivi. Poi c’è stato il passo indietro del Regno Unito, dopo la Brexit l’Ue oggi è formata da 27 Paesi membri.

Più cooperazione ed integrazione europea

Il trattato ha di fatto introdotto la cittadinanza europea, nel senso che ogni cittadino europeo può scegliere in quale Stato membro risiedere e spostarsi liberamente all’interno dell’Ue. Il trattato di Maastricht ha anche gettato le basi per l’istituzione di una politica estera e di sicurezza comune, e anche aperto e sviluppato una cooperazione in ambito di giustizia e affari interni per garantire la sicurezza dei cittadini europei.

Moneta unica e stabilità economica

Il trattato ha introdotto dei criteri ben precisi a cui tutti i Paesi Ue devono adeguarsi. Tali criteri introdotti nel 1993 sono da molti considerati superati, per esempio che il disavanzo annuo di bilancio di un paese non deve portarsi oltre il 3% del prodotto interno lordo e il debito pubblico complessivo non deve superare il 60% sempre del PIL.

Alcuni Paesi in questi anni, Italia compresa, non sono stati in grado di rispettare questi criteri e per questo se ne chiede la modifica con l’introduzione di criteri e principi più flessibili. Nel '97 è stato introdotto il Patto di stabilità e crescita per assicurare l’attuazione di politiche di bilancio solide da parte dei paesi. È stato anche istituito il Meccanismo europeo di stabilità per prestare assistenza finanziaria ai paesi dell’area dell’euro che si trovino o rischino di trovarsi in gravi difficoltà finanziarie.

La crisi dell’Ue

Oggi possiamo dire che la stabilità europea è stata messa a dura prova da crisi economiche, pensiamo alla Grecia, ma anche di recente dalla pandemia, e poi dai conflitti tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas. L’Ue sta  vivendo una fase molto complessa, probabilmente la più complicata non solo dal punto di vista della stabilità economica e finanziaria ma anche dal punto di vista sociale e politico.

La causa principale di questa instabilità è stata individuata da molti analisti nella mancanza di una politica migratoria comune nell’Ue. Ogni Paese europeo si trova a fronteggiare questo fenomeno con modalità, strumenti, tempi e leggi differenti. Nel corso di questi 30 anni la migrazione verso l’Ue ha sempre seguito due rotte principali quella balcanica e quella Mediterranea. La prima percorsa da chi giunge dall’est Europa e anche dal Medio Oriente ha come Paesi d’approdo quelli dell’Europa centrale ed in particolare proprio la Germania, la seconda da chi giunge dal Nord Africa e arriva nei Paesi che si affacciano nel Mar Mediterraneo Italia compresa.

La grande sfida delle politiche migratorie

Con la crisi migratoria del 2015/2016 arrivarono in Germania oltre 800mila richiedenti asilo siriani in poco più di sei mesi. Secondo molti analisti è stato il momento in cui anche la Germania ha compreso di avere realmente un problema con la gestione dei migranti e rifugiati. Ora la guerra tra Russia e Ucraina e i flussi continui dal Nord Africa hanno reso più complessa la gestione della migrazione per Paesi come Italia e Germania. Per numeri e capacità d’accoglienza ed integrazione la Repubblica federale tedesca resta il Paese dell’Ue ad accogliere ogni anno il maggior numero di rifugiati e migranti.

Oltre al milione di rifugiati ucraini giunti nel 2022, sono arrivati e continuano ad arrivare migliaia di rifugiati da Siria, Afghanistan, Iraq e ora si teme una nuova ondata dalla Striscia di Gaza. Nel dibattito politico si levano le voci che temono il collasso del sistema non solo in Germania ma anche nell’Ue. A 30 anni da Maastricht si dovrebbero trovare criteri, non solo per gestire l’economia e la finanza europea, ma anche per gestire e distribuire i flussi di migranti e richiedenti asilo in tutta l’Ue. Questa è e sarà la grande sfida europea nei prossimi anni. Sfida che finora non è stata affrontata dai paesi membri all'insegna della solidarietà, valore fondante dell'Ue - tutti i tentativi di redistribuzione dei migranti sul territorio europeo sono infatti falliti.

Il dibattito in Germania

confini

Controlli al confine tra Germania e Polonia

Hanno stupito le recenti dichiarazioni del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz: "Wir müssen schneller abschieben" - dobbiamo espellere più velocemente - questa la massima in base a cui si muovono le nuove politiche d'asilo del governo tedesco, perché - sostiene Scholz - un'immigrazione incontrollata minaccerebbe lo Stato Sociale.

Scholz parla da una parte di facilitare le procedure di accesso in Germania per migranti regolari, la forza lavoro di cui la Germania ha urgente bisogno, dall'altra appunto di respingere in modo più intransigente chi non ha diritto d'asilo o i criminali. Il leader del partito liberale, Christian Lindner, ha aggiunto una motivazione economica a sostegno dei respingimenti più duri: Ci sarebbero secondo Lindner persone che non sono in fuga da guerre civili o catastrofi naturali, ma arrivano per motivi economici senza permesso di soggiorno e magari senza l'obiettivo di lavorare ma per approfittare del welfare tedesco. Questo deve essere impedito, secondo il leader liberale.

Nonostante il vicecancelliere e leader dei Verdi Robert Habeck si dichiari in linea con le nuove norme progettate dal governo, arrivano dure critiche da altri membri del partito e da parte di associazioni umanitarie come Pro Asyl, la più grande organizzazione tedesca per la difesa del diritto all'asilo politico.

L’analisi di Cristopher Hein

Le nuove posizioni del mondo politico tedesco su migranti e rifugiati sono secondo il Professore dell'Università Luiss Guido Carli di Roma, esperto di dinamiche migratorie nell’area Mediterranea un voltafaccia ai valori fondanti è un fallimento per l'Unione Europea. “C’è stato un cambiamento di posizioni non solo da parte dell’opposizione democristiana ma anche dallo stesso cancelliere della SPD – sottolinea Cristopher Hein -  proprio in questi giorni ha detto di forzare il meccanismo delle espulsioni rapide, sta stringendo accordi con Paesi terzi, in questi giorni è in missione nell’Africa occidentale”.