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Germania e Italia divise sul debito pubblico UE COSMO italiano 09.05.2023 16:45 Min. Verfügbar bis 08.05.2024 COSMO Von Filippo Proietti


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Germania e Italia divise sul debito pubblico in UE

Stand: 09.05.2023, 17:19 Uhr

a cura di Filippo Proietti, Giulio Galoppo e Cristina Giordano

Le regole europee sul debito pubblico esistono di fatto solo sulla carta. Sono pochi gli Stati che le rispettano. Non per niente la Commissione le ha sospese quando è scoppiata la pandemia. Dalla fine di quest'anno, però, torneranno in vigore. È quindi necessaria una riforma, presentata lo scorso 26 aprile. Ma qui le cose si complicano. Perché gli obiettivi che gli Stati membri perseguono sono chiaramente divergenti. Come venirne a capo?  Ce ne parla Giulio Galoppo. La sfida è trovare parametri comuni che mettano d’accordo tutti, come sottolinea Beda Romano, corrispondente da Bruxelles de Il Sole 24 Ore. Mentre Federico Fubini, giornalista economico de Il Corriere della Sera, ci spiega quali conseguenze può avere tale riforma sugli investimenti del Pnrr.

Christian Lindner und Paolo Gentiloni

Posizioni divergenti tra Italia e Germania sulla riforma delle regole europee sul debito pubblico

La necessità di una riforma delle regole europee sul debito pubblico

A causa della pandemia e delle conseguenze dell'attacco russo all'Ucraina, i livelli di debito sono saliti alle stelle in tutta l'UE. Allo stesso tempo, sono necessarie somme enormi per la digitalizzazione o la trasformazione dell'economia verso la neutralità climatica. Le regole attuali, se non modificate, probabilmente sovraccaricherebbero molti Paesi dell'UE, visti i requisiti di ampia portata. In sostanza i paesi europei stanno spendendo di più e non riescono a rispettare le regole imposte dall'UE.

I requisiti attuali

Ogni Stato dell'UE non dovrebbe accumulare un disavanzo pubblico superiore al 3% del PIL e un debito pubblico superiore al 60% del PIL, cioè del Prodotto Interno Lordo. Si tratta di un principio stabilito col Trattato di Amsterdam del 1997: solo i Paesi che soddisfacevano questi criteri su base permanente potevano essere ammessi all'euro.

Molti Stati membri, molti deputati del Parlamento europeo e persino la Commissione dell'UE considerano tutto ciò obsoleto. Il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire insiste da anni su una riforma che dia ai singoli Paesi un maggiore margine di manovra nella riduzione del debito e così la pensa anche il commissario europeo per gli Affari economici, l'italiano Paolo Gentiloni. Certo, i deputati liberali e conservatori ritengono che non ci sia da stupirsi che vogliano regole meno rigide per la disciplina di bilancio, visto che Francia e Italia sono tra i Paesi che hanno accumulato debiti particolarmente elevati.

I Paesi con maggior debito pubblico

Nonostante i notevoli progressi compiuti negli ultimi anni nella riduzione del deficit nazionale, il leader assoluto del debito è ancora la Grecia, con oltre il 170 percento. L’Italia segue effettivamente a ruota con un livello di debito pari al 140 percento, quello della Francia è del 111. Sono pochi gli Stati dell'UE che si attengono ancora alla soglia fissa del 60%, tra cui gli Scandinavi, gli Stati baltici, i Paesi Bassi e la Romania. Anche la Germania sta superando il limite, ma solo con il 66%.

La riforma

La nuova riforma prevede un maggior margine di manovra per i Paesi membri, quindi una maggiore flessibilità. In futuro, gli Stati dell’UE dovranno elaborare piani individuali con l'autorità di Bruxelles su come ridurre concretamente il debito nel caso in cui vengano superati i limiti massimi del 3% per il deficit di bilancio o del 60% per il livello totale del debito, in ogni singolo caso in relazione alla produzione economica.

Euroscheine und -münzen

Per molti Paesi membri dell'UE il debito pubblico è salito alle stelle in seguito alla pandemia e alla guerra in Ucraina

Di norma, i Paesi europei altamente indebitati dovrebbero ridurre il loro debito in un periodo di quattro anni. Qualora, tuttavia, gli Stati siano disposti a impegnarsi a realizzare riforme o determinati investimenti per affrontare le debolezze economiche - ad esempio, una maggiore digitalizzazione, una maggiore protezione del clima e una maggiore spesa per la difesa, questo periodo può essere portato a sette anni. Si tratta di una sorta di richiamo in cui i paesi sono obbligati poi a rimettersi in regola, ma che concede eccezioni se i paesi procedono con investimenti motivati.

I piani a medio termine devono essere approvati dalla Commissione europea e devono basarsi su analisi di sostenibilità del debito, come quelle utilizzate dalla Banca Centrale Europea o dal Fondo Monetario Internazionale.

La posizione della Germania

La SPD e i Verdi si sono mostrati aperti nelle prime reazioni. Tuttavia, Il ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, rimane scettico e chiede ulteriori aggiustamenti e colloqui che potrebbero andare per le lunghe. Secondo lui, le proposte della Commissione europea per riformare le regole del debito in Europa non funzionano. Servono miglioramenti, aggiustamenti, maggiori e chiari vincoli, ma soprattutto linee guida comuni a cui tutti debbano attenersi. Lindner vuole evitare un ammorbidimento delle regole sul debito - come quello chiesto dall'Italia.

La reazione dell’opposizione in Germania

Secondo CDU/CSU, c'è il rischio che le regole vengano interpretate in modo arbitrario. Per loro, la Commissione europea sta acquisendo troppa influenza. Inoltre, i periodi di tempo di sette anni sarebbero troppo lunghi, facendo ricadere il vero onere dell'aggiustamento sul successore politico.

La parola agli esperti

La discussione sulle proposte della Commisione europea di rivedere il patto di stabilità sono un ferro caldo su cui gli Stati europei stanno battendo. Si troveranno dei parametri comuni che andranno bene a tutti, alla Germania e all'Italia ad esempio? Lo abbiamo chiesto a Beda Romano, corrispondente da Bruxelles per Il Sole 24 Ore. Quali saranno le conseguenze per l’Italia di questo nuovo, possibile patto di stabilità europeo? Questa riforma andrà a intaccare anche gli investimenti del Pnrr? La risposta nell’intervista a Federico Fubini, giornalista economica de Il Corriere della Sera.