8 settembre 1943: perché non fu un tradimento. COSMO italiano. 08.09.2023. 21:54 Min.. Verfügbar bis 07.09.2024. COSMO. Von Francesco Marzano.
8 settembre 1943: perché non fu un tradimento
Stand: 08.09.2023, 18:00 Uhr
di Francesco Marzano, Agnese Franceschini e Crsitiano Cruciani
L'8 settembre di 80 anni fa si consumava una delle vicende più drammatiche della storia italiana: Agnese Franceschini ripercorre le vicende dell'Armistizio del settembre '43. Con lo storico Lutz Klinkhammer affrontiamo il tema del presunto "tradimento" dell'Italia dopo il cambio di fronte. Gianni Ruga ci racconta il suo libro presentato in questi giorni ad Amburgo che ricostruisce la storia del padre, Marino, internato militare in Germania.

Firma dell'armistizio di Cassibile tra Italia e Alleati il 3 settembre 1943
Il doppio annuncio dell'Armistizio
L'8 settembre del 1943 alle ore 18:30 attraverso i microfoni di Radio Algeri, gli italiani apprendono in inglese dal generale Eisenhower – allora comandante in capo delle forze angloamericane nel mediterraneo - che il governo italiano si è arreso incondizionatamente alle forze alleate. Il proclama dura pochi secondi, e termina con la frase: Tutti gli italiani che ci aiuteranno a cacciare il tedesco aggressore dal suolo italiano avranno l'assistenza e l'appoggio delle nazioni alleate". Alle 19:42 ai microfoni dell'Eiar, la radio italiana, il generale Badoglio legge un comunicato in cui si dichiara che: "Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane". Badoglio proseguiva chiedendo di cessare tutte le ostilità contro le forze angloamericane e di reagire ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza. Quello che non viene detto è l'armistizio era già stato firmato cinque giorni prima a Cassibile, una frazione di Siracusa.
Le premesse dell'armistizio
Già nella prima metà del 1943 è ormai diffuso il convincimento che la guerra sia perduta e che continuare a combatterla sarebbe costato perdite gravissime e del tutto inutili. Mussolini però vuole continuare a combattere e per questo si arriva alla famosa riunione del Gran Consiglio del Fascismo nel corso della quale viene destituito. Poco dopo il Duce viene addirittura arrestato al suo posto in qualità di capo del governo viene nominato il generale Pietro Badoglio. È a questo punto che si decide concretamente di intavolare trattative con gli alleati per giungere all'uscita dell'Italia dalla guerra.
Lo scetticismo degli angloamericani
Contrariamente a quanto si pensa gli alleati non erano affatto entusiasti dell'offerta italiana di resa. Anche loro danno ormai per imminente la sconfitta del nostro paese e ritengono di poter ottenere vantaggi molto maggiori da una sconfitta dell'Italia sul campo. Però gli interessi degli inglesi e degli americani nello scacchiere del Mediterraneo non sono coincidenti e non lo sono neanche con quelli dell'unione sovietica. Diventa a questo punto più accettabile una rapida conclusione della guerra attraverso un armistizio.
I primi contatti
Per questo prima che l'inviato del governo italiano - il generale Giuseppe Castellano - riesca ad incontrare gli alleati si deve arrivare al 19 agosto. L'incontro è a Lisbona in Portogallo. Castellano rientra da Lisbona il 27 agosto, ma viene ricevuto da Badoglio soltanto il 30. Gli alleati lo vorrebbero incontrare in Sicilia. Castellano viene nuovamente inviato presso di loro, ma si vede respingere tutte le proposte avanzate dal governo italiano.
Trattative difficili
Ovviamente si temeva la reazione tedesca e quindi Badoglio avrebbe voluto che gli alleati sbarcassero a nord della capitale prima dell'annuncio dell'armistizio. Ma gli angloamericani vogliono una resa senza condizioni, accettano soltanto l'ipotesi di inviare a Roma un contingente di 2000 paracadutisti per contribuire alla difesa della capitale nel momento in cui i tedeschi, avuta notizia dell'armistizio, certamente reagiranno. Il re Vittorio Emanuele terzo decide di accettare l'armistizio così com'è stato imposto dagli alleati: il che significa resa incondizionata.
Gli errori del governo Badoglio
Viene inviato agli alleati un telegramma nel quale si preannuncia l'arrivo del generale Castellano per la firma della resa, ma il 2 settembre Castellano arriva a Cassibile, senza un'autorizzazione scritta che gli consenta di firmare l'armistizio. Gli americani a questo punto telegrafano subito a Roma per chiedere quale sia il vero ruolo del generale: è davvero autorizzato a firmare il documento oppure no? Se non lo è, le trattative verranno interrotte immediatamente. Da Roma nessuno risponde. Così la trattativa rimane in stallo fino a quando inglesi e americani avvertono il governo italiano di avere ben 500 bombardieri pronti sulle piste e in attesa di decollare per attaccare Roma e raderla al suolo. A questo punto Badoglio invia un nuovo telegramma in cui si autorizza esplicitamente il generale Castellano alla firma dell'armistizio.
È il 3 settembre del 1943. Quello che accade nei giorni successivi non fa che ribadire la confusione con cui Badoglio e il re Vittorio Emanuele terzo avevano gestito trattative e armistizio.
Roma senza difesa e fuga a Brindisi
Nei giorni successivi, fronte agli inviati a Roma degli alleati, Badoglio deve ammettere che non ci sono le forze necessarie per appoggiare i paracadutisti che avrebbero dovuto difendere Roma e quindi, visto che erano già in volo, vengono fatti tornare indietro. L'8 settembre Eisenhower decide di annunciare l'armistizio. È una notizia assolutamente inattesa che crea caos tra le truppe italiane schierate in molti fronti anche all'estero e una violenta reazione dei tedeschi. A quel punto la guerra civile è inevitabile e al re Vittorio Emanuele terzo, il generale Badoglio e tutto il governo italiano, non resta che la fuga a Brindisi per evitare di essere arrestati dai tedeschi.
L'invasione tedesca e le conseguenze dell'armistizio
Lutz Klinkhammer, esperto di storia contemporanea e Vicedirettore dell'istituto Storico Germanico di Roma, analizza il ruolo del governo e italiano nelle vicende dell'armistizio, e cita pro e contro di una decisione che ha portato a gravissime sofferenze nella popolazione italiana ma ha anche evitato uno smembramento del territorio nazionale come invece accadde per la Germania. Per Klinkhammer, che è stato membro della Commissione italo-tedesca per la rielaborazione storica dell'occupazione tedesca in Italia dal 1943 al 1945, resta comunque prioritario il lavoro di divulgazione storica sulle vicende di quegli anni.
I soldati italiani internati dai tedeschi

La copertina del "Diario di un geniere"
Dopo l'armistizio l'esercito tedesco ha dato un ultimatum ai soldati italiani che avevano deposto le armi. O continuavano a combattere a fianco dei nazisti, oppure sarebbero stati uccisi o deportati. Solo 10 % avrebbe accettato di stare con i nazisti e così ben 600 mila soldati italiani sono stati deportati in Germania. Gianni Ruga, è figlio di Marino e ha pubblicato in un libro - "Diario di un geniere. 1940-45" - gli appunti, i diari e i documenti del padre, degli anni in cui era prigioniero in Germania, e li ha pubblicati in un libro.