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La crisi della Linke COSMO italiano 14.08.2023 19:57 Min. Verfügbar bis 13.08.2024 COSMO Von Francesco Marzano


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La crisi della Linke

Stand: 14.08.2023, 17:04 Uhr

di Francesco Marzano, Enzo Savignano e Cristiano Cruciani

Amira Mohamed Ali rinuncia a ricandidarsi alla carica di capogruppo parlamentare del partito. Una scelta conseguenza anche dei conflitti interni causati dalla ex leader Sahra Wagenknecht: il punto di Enzo Savignano. Poi il commento sul delicato momento del partito di Damiano Valgolio, italiano eletto per la Linke nel Senato di Berlino. Infine l’analisi del politologo tedesco Gero Neugebuaer.

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I motivi del passo indietro di Mohamed Ali

Una presa di posizione che ha ovviamente provocato discussioni e anche aspri confronti all’interno del partito. La decisone sarebbe soprattutto una conseguenza dei conflitti nati all’interno del partito causati da Sahra Wagenknecht, ex leader e comunque figura rilevante nella storia recente del partito. Sahra Wagenknecht è compagna, non solo dal punto di vista politico ed ideologico, ma soprattutto nella vita di Oskar Lafontaine ex socialdemocratico e governatore del Saarland dal 1985 al 1998, che poi si è convertito al radicalismo di sinistra. Lafontaine ha praticamente fondato di Die Linke ed è sposato con Sara Wagenknecht dal 2014.

L’ex leader della Linke Sahra Wagenknecht

È nata e cresciuta nella ex DDR, nella Germania comunista, di padre iraniano e madre tedesca. Dopo la caduta del Muro ha trascorso tutta la sua intera carriera politica nella sinistra più radicale, fino a diventare capogruppo della frazione al Bundestag dal 2015 al 2019. Wagenknecht si è sempre distinta nel mondo politico per posizioni decisamente controcorrente anche all’interno della Linke. Per esempio nel 2016 criticò aspramente la politica dell’accoglienza per i rifugiati siriani voluta da Merkel, ma ha anche più volte criticato aspramente le politiche di Israele nei confronti dei palestinesi, un tema che ha sempre diviso profondamente la politica tedesca ed in particolare la Linke.

Wagenknecht e l’idea di un nuovo partito

wagenknecht

Sahra Wagenknecht

Anche recentemente Wagenknecht ha preso posizioni differenti rispetto ad altri rappresentanti del suo partito su questioni di politica interna e sulla guerra tra Russia ed Ucraina.
Anche se su alcuni temi anche relativi al welfare come il salario minimo e sul conflitto russo-ucraino il partito non ha mai avuto una posizione univoca. Anche per questo Wagenknecht sta pensando di abbandonare Die Linke e creare un suo movimento politico sempre di sinistra. Il 10 giugno scorso infatti, Sahra Wagenknecht, è stata invitata unanimemente dal Comitato esecutivo del partito a rimettere il suo mandato al Bundestag. La decisione ha ricevuto il sostegno della maggioranza dei comitati esecutivi statali. Secondo la capogruppo dietro la decisione c’era la volontà di Wagenknecht “di allontanare alcuni membri dal partito”. Anche l’altra leader del partito Janine Wissler, ha giustificato la decisione di chiedere alla Wagenknecht si rimettere il suo mandato, sottolineando la necessità di preservare l’unità del partito e contrastare le divisioni interne.

Gli altri punti di attrito

La stessa capogruppo di Die Linke, Mohamed Ali, ha giustificato la sua rinuncia ad una nuova candidatura da capogruppo per la mancanza di una vera e propria comunione di intenti all’interno del partito, per esempio per opporsi alla politica climatica del governo. Inoltre la Linke non avrebbe espresso un chiaro sì ad una politica di pace coerente nella guerra in Russia ed Ucraina. Quindi per la prima volta nella sua storia il partito non è su posizioni unicamente e dichiaratamente pacifiste. Non va dimenticato che in passato prima dell’inizio dell’occupazione russa in Ucraina, la Linke aveva comunque sostenuto l’importanza di relazioni strategiche con Mosca. Dopo l’inizio dell’occupazione ucraina da parte dell’esercito di Mosca il partito si è letteralmente spaccato tra chi continuava a criticare la Nato ed il suo ruolo nel conflitto e chi invece sosteneva e sostiene l’Ucraina, frenando ma non troppo sull’invio di armi.

Il partito rischia la scissione?

È senza dubbio un rischio molto concreto perché se Wagenknecht dovesse convincere solo pochi parlamentari ad abbandonare il gruppo die Die Linke al Bundestag, il partito rischierebbe di non avere più i numeri per presentare mozioni e richiedere discussioni parlamentari su determinati temi e soprattutto ottenere quelle risorse finanziarie fondamentali per la sua sopravvivenza. Il partito infatti alle ultime elezioni federali  del settembre 2021 è rimasta sotto la soglia del 5%, fermandosi al 4,9%. Il partito è riuscito ad assicurarsi 39 seggi al Bundestag solo grazie ad alcuni mandati diretti ottenuti da alcuni deputati. Di recente Dietmar Bartsch, figura storica della Linke, ha lanciato un appello ai compagni di partito e chiesto di rimanere uniti e concentrarsi soprattutto sui temi sociali. Secondo Bartsch la decisione di Wagenknecht di uscire dalla Linke sarebbe un errore che potrebbe rivelarsi fatale per il partito.

L’opinione dell’italiano della Linke

Damiano Valgolio, eletto per la Linke come deputato regionale alla camera a Berlino, resta cautamente ottimista: “Quello che sta accadendo non sono buone notizie perché Amira Mohamed Ali ha fatto un ottimo lavoro negli ultimi anni. Ora è importantissimo che tutti noi facciamo di tutto per tenere insieme le varie anime del partito ed evitare una scissione”.

L’analisi di Gero Neugebauer

Secondo il noto politologo Gero Neugebauer. “La Linke non ha tenuto conto che da circa 10 anni agli occhi dei suoi sostenitori e dell'opinione pubblica è diventata un partito che non riesce più a vincere elezioni, che continua a lanciare appelli al governo su ciò che va fatto - ad esempio nel campo della politica sociale per quel che riguarda il salario minimo, ma che poi sta a guardare il successo che altri partiti - in questo caso la SPD,  ottengono negli stessi ambiti”. Neugebauer considera Sahra Wagenknecht un politico dall’ego molto pronunciato e al momento definisce la Linke “un partito consolidato, ma le manca quella vena populista che ha l'AfD. E in questo caso per "populista" si intende costruire un'opposizione tra i livelli politici e la popolazione”.