Una rete con più regole in Europa. COSMO italiano. 04.09.2023. 17:22 Min.. Verfügbar bis 03.09.2024. COSMO. Von Francesco Marzano.
Una rete con più regole in Europa
Stand: 04.09.2023, 16:30 Uhr
di Francesco Marzano, Agnese Franceschini e Cristiano Cruciani
Di fronte ai rischi di manipolazione e disinformazione, la Commissione Europea ha emanato il Digital Services Act. Da Google a Twitter, fa Facebook a TikTok, le grandi piattaforme online e di ricerca in rete sono così chiamate a una maggiore trasparenza dei loro algoritmi e dovranno rispondere dei contenuti pubblicati sui loro siti. Agnese Franceschini riassume le misure principali di questo nuovo regolamento. Mentre il blogger Luca Conti analizza la reale efficacia del DSA.

Nuove regole per Amazon & Co. nell'Unione Europea
La rete tra rischi e opportunità
Le piattaforme dei social media, come Facebook, Twitter, Tik Tok o Instagram, sono di grande successo, ma spesso, accanto alle immagini di gattini divertenti, troviamo anche siti che propagandano l’odio, shitstorm contro personalità scomode e una buona dose di disinformazione. Per non parlare dell’incertezza di non sapere come vengano gestiti i nostri dati sui motori di ricerca online, o sui siti di e-commerce. Come mai, ad esempio, improvvisamente ci arriva sul cellulare, appena apriamo determinate pagine internet, una certa pubblicità? Per combattere tutto questo l’UE ha emanato il, entrato in vigore il 25 agosto.
Le novità del Digital Services Act
Il principio base da cui parte è che “ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale anche online”. Senz’altro dunque l’obiettivo principale è promuovere ambienti online più sicuri. Nel dettaglio, la legge sui servizi digitali obbliga le piattaforme a rimuovere rapidamente i contenuti illegali presenti sulle loro pagine web. Oltre alla protezione dei minori - con il divieto, ad esempio, di pubblicità personalizzata per loro, andrà sempre messo in evidenza quando si tratta di contenuti - foto o video - creati dall’intelligenza artificiale. Le aziende dovranno inoltre spiegare agli utenti perché consigliano contenuti in base al loro profilo. Devono offrire la possibilità che i post della bacheca non siano basati sui loro dati personali e di impostare ad esempio la visualizzazione sulla base del mero ordine cronologico. Saranno inoltre obbligate a specificare chiaramente quando si tratta di informazione pubblicitaria, nonché chi ne è il promotore. Inoltre, il DSA vieta la pubblicità mirata basata sull’orientamento sessuale, la religione, l’etnia o le convinzioni politiche di una persona.
Lo sfondo politico del DSA

Commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton
Alcune misure sono legate alle recenti esperienze della pandemia e della guerra in Ucraina. Ad esempio il meccanismo di crisi proposto dalla Commissione UE dopo l'attacco russo all'Ucraina. Questo meccanismo mira a limitare gli effetti della manipolazione della rete in casi di guerra, pandemia o terrorismo. Una misura che sarà prioritaria in vista delle elezioni europee che si terranno a giugno dell'anno prossimo. In generale, comunque il DSA richiede alle piattaforme online di fornire maggiore trasparenza sul funzionamento dei loro algoritmi. Colossi tecnologici come Google, Facebook, Amazon e altri saranno considerati legalmente responsabili dei contenuti pubblicati sulle loro piattaforme.
Le piattaforme online interessate
L’Unione Europea ha suddiviso le piattaforme di servizi in quattro categorie e ogni categoria comporta obblighi specifici, da assolvere entro quattro mesi dall’assegnazione. La categoria più importante è quella delle piattaforme online molto grandi - o motori di ricerca online molto grandi – che sono quelle con oltre 45 milioni di utenti mensili nell’UE. Finora, sono state identificate 19 piattaforme e motori di ricerca che rientrano in questa categoria, tra cui: Alibaba, Apple App Store, Booking.com, Facebook, Instagram, TikTok, Twitter, Wikipedia, YouTube, Zalando e LinkedIn.
Gli obblighi delle piattaforme molto grandi
Le piattaforme molto grandi presentano rischi più elevati, quindi devono rispettare obblighi più rigorosi. Tra questi ci sono la condivisione dei propri dati chiave e dei propri algoritmi con le autorità e con ricercatori autorizzati, e l’istituzione del Compliance Officer, una figura interna all’impresa, ma indipendente, che ha il compito di monitorare l’osservanza del regolamento da parte delle aziende.
Le sanzioni previste
Le piattaforme online che non rispettano le regole del DSA potrebbero essere soggette a multe fino al 6% del loro fatturato globale. È stata inoltre creata una nuova autorità nazionale, il Coordinatore dei Servizi Digitali, la quale, insieme alla Commissione avrà il potere di indagare e richiedere azioni immediate. Una piattaforma che rifiuta di conformarsi potrebbe subire una sospensione temporanea nell’Unione Europea.
L’ottimismo degli esperti
Luca Conti, blogger ed esperto del mondo della rete è fiducioso sui miglioramenti promessi dal Digital Services Act, pur con alcune riserve sul controllo del commercio online. Nel caso delle merci contraffatte, infatti, è necessaria la valutazione umana e questo rappresenta una sfida per il nuovo regolamento. Ma nel caso dell’utilizzo dei dati personali da parte delle piattaforme online è invece indispensabile, secondo Conti, la consapevolezza degli utenti che ora possono negare il loro consenso ai grandi colossi dei Social Network.
La reazione delle piattaforme online
Google si è impegnata ad ampliare l’accesso ai dati per i ricercatori al fine di fornire maggiori informazioni su come funzionano in pratica Google Search, YouTube, Google Maps, Google Play e Shopping. Migliorerà inoltre la trasparenza e analizzerà i potenziali rischi di diffusione di contenuti illegali. Meta, la società madre di Facebook e Instagram, anche si sta muovendo e ad esempio a giugno, ha rilasciato un lungo rapporto su come funziona il suo algoritmo proprio su Facebook e Instagram. Inoltre, inizierà a consentire agli utenti europei di visualizzare i contenuti in ordine cronologico, senza essere soggetti al suo motore di personalizzazione.
L’opposizione di Amazon e Zalando
A luglio Amazon ha presentato una petizione che chiede di rivalutare la sua classificazione come piattaforma online molto grande, sostenendo di essere “singolarmente presa di mira ingiustamente”. Anche il sito tedesco Zalando ha intentato una causa contro la Commissione dell’UE, sostenendo di non rientrare nella definizione di una piattaforma online molto grande.
Ascolta il podcast con l'intervista ad Agnese Franceschini e a Luca Conti cliccando sull'audio del podcast qui in alto.